venerdì 5 febbraio 2016

A dieci minuti da Urano di Carla De Angelis


Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezzache abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire.
Pertanto, dobbiamo fare: dell’interruzione, un nuovo cammino, della caduta, un passo di danza, della paura, una scala, del sogno, un ponte, del bisogno, un incontro. (F. Pessoa)
Il poeta, più di chiunque altro, conosce il senso della precarietà -lo combatte, ci lavora, di fondo dannazione e salvezza. Dio solo sa quanto il suo scriverne sia un modo come un altro di attraccare al sicuro, di scansare la tempesta. Ecco allora che Urano è la nostra casa sull’albero che, causa forza maggiore, deve rimanere -almeno- a 10 minuti da noi: sospesa, quanto basta, dalla terra -qui il quotidiano non dà tregua: inghiotte e omologa; sospesa anche dal cielo e, anche qui, quanto basta per gustarne la solitudine e allargare, nel segreto, le proprie ali

Pag.15

Mi sveglio: vesto come sono apro l’armadio
Del futuro

affido al cassetto la notte sospendo allo
specchio

l’affanno delle scale
le mani stanche, lo sguardo della nostalgia

la certezza di aver sognato il sudore dell’anima

Pag. 23

Temo la vita senza emozioni
abiti da comprare

alberi da curare
stoviglie nuove tappeti

pareti da dipingere
appetiti di tavole imbandite

desideri da fantasticare
Temo di più la vita

senza il buio della notte
senza amore da giocare
che la morte

A volte torna utile conoscere lo sguardo dell’autore ed io conosco quello di Carla De Angelis -ci sono sguardi che attraggono come falene alla luce, gli occhi di un pallido chiarore lunare, si coglie il soffio di notti senza risposte. Potrei connotarla in tre parole, due di queste, dolcezza e coraggio, le stesse pesano e quantificano il suo verso. Nessun fronzolo, non c’è l’urgenza di compiacere il lettore, quanto quella di restituire alla vita, Vita: quel brulichio di emozioni -all’impatto di un pezzo di dolore o di una gioia squillante, poco importa-  è il suo modo di dire grazie: ci sono, ti reggo e ti rilancio con le mie parole, in un verso

Pag.25

Sospendere i pensieri sull’uscio
 voci nel silenzio, sogno nel sonno

Senza affanno riscoprire vecchie foto
dilatare cassetti e memorie

Celebrare allegramente il tempo
fra risate e rughe sulla fronte

Detta così, sembrerebbe che la Nostra sia un’ottimista ad oltranza, una di quelle che fanno del sorriso sulle labbra la maschera con cui convincere sé stessi e il mondo. Invece no, la terza parola che “riconosce” Carla è forza -acume volontà fede-, la forza di ricercare e motivare di realtà quel suo sorridere ad ogni giorno

Pag.33

Aprire gli occhi, scalare il giorno
giungere al ristoro della sera

Nel buio sogni
non smentiscono disegni.

Lo specchio riflette
il dolore che non piangi

Un battito d’ali
dipinge il cerchio nel quadrato

Ecco allora, che le parole, per Carla, diventano le briciole da seguire per arrivare a meta - il percorso è sempre accidentato… Pag 35

Madre
questa notte lascio aperto un sogno

Entra
puoi vegliare

o dormire accanto
le mani inermi

o accarezzarmi
Non ti inquietare

Lascio aperta anche la porta
quando vuoi puoi andare

Pag. 87
Sfogli pagine vuote
non sai che mai arrivo all'ultima?

Sempre inizio un quaderno nuovo
lascio sospesa la vita

ad altri il finale
La lampada che lascio accesa

esilia la notte
Quando il buio acceca

la luce veglia la casa
inchioda sulla soglia la paura

E non potrebbe essere altrimenti: il dolore è l’unico passe-partout: hai voglia a forzare le porte di un’emozione -raccontarla, decifrarla- se non c’è quella sorta di rituale che affina l’anima e la rende recettiva come un diapason. E chi conosce Carla, sa che il suo dolore -profondissimo- ha un nome che, nel contempo, è la sua più grande passione: da tutto ciò non poteva non nascere un buon Poeta.